"Basta fare un giro in qualunque cimitero per notare che ogni tomba, mausoleo o nicchia non è mai sfornita di uno o più “lumini”. Questi ceri votivi non sono altro che candele, generalmente poste all’interno di involucri di plastica rossa che servono a proteggere la piccola fiammella dal vento e, quindi, a tenerla accesa fino all’esaurimento della cera.
Il lumino viene portato generalmente dai parenti del defunto e cambiato nel momento in cui la cera finisce del tutto e la fiammella si spegne. Simbolicamente, questa luce perennemente accesa dovrebbe guidare l’anima del defunto nell’oscuro e pericoloso sentiero verso la salvezza. Il cero quindi equivale ad una costante preghiera per sollevare il caro estinto alle grazie celesti.
Ormai tale funzione è svolta anche dalle lampadine elettriche posizionate su ogni sepolcro, quindi il lumino vero e proprio è diventato solo un gesto d’affetto da parte dei familiari, un accorgimento per dimostrare di star ancora accudendo l’amato scomparso.
Questa tradizione, in realtà, esiste da molto prima della tradizione cristiana: per egizi, sumeri, romani, etruschi e tantissimi altri popoli il fuoco e la luce delle candele sono sempre stati elementi presenti durante i riti funebri, quasi sempre con la stessa funzione di rischiarare il percorso metaforico del defunto.
Tuttavia, questa tradizione potrebbe farsi risalire ai primordi della nostra civiltà, attribuendole un significato ben diverso. I primi uomini non avevano mezzi per seppellire o coprire dignitosamente un cadavere in poco tempo, ma il rispetto per la morte è sempre stato radicato nella nostra razza: non si poteva consentire che il corpo di una persona cara venisse dilaniata dalle belve mentre si preparava una fossa. Quindi si accendeva un grande fuoco per allontanare gli animali selvatici.
Così, dal proteggere fisicamente i defunti, il fuoco è diventato lo strumento metaforico per difendere, guidare ed accompagnare simbolicamente il caro estinto: un bisogno tribale che, nei millenni, è diventato un bisogno spirituale."
(fonte Treccani)
Commento/Comment
Grazie Walter. La foto è perfettibile sulla temperatura colore ma riuslta interessante per il gran numero di candele e poi quella mano che entra nel frame sicuramente dona una marcia in più. Un saluto.
Ludovico la Chiesa di S. Spiridione la conosco avendo passato una decina di anni fa le feste di Natale a Trieste. Ho anche da qualche parte una foto delle candele in una chiesa in Romania ma è molto vecchia e chissà dove è finita . Se la trovo la posto nei commenti.
Grazie a voi per i contributi.
Walter, verissimo ciò che hai detto. Ricordo a Trieste la bella chiesa di San Spiridione dove incuriosito chiesi ad una fedele che accendeva una candela, perchè ci fossero due diversi recipienti colmi di sabbia, una superior ed uno inferiore. Lei mi guardò un poco stupita ed incredula e poi mi spiegò che in quello superiore ci andavano le candele per i vivi e sotto quelle per i defunti. la foto allegata si riferisce proprio a questo episodio. Un saluto
Mi piace molto la maf con il solo punto di interesse a fuoco. Ormai i cimiteri italiani hanno quasi tutti le lampadine elettriche con tanto di ditta incaricata della manutenzione etc. in modo da scaricare le incombenze e fare bella figura con poco sforzo. Le molte chiese ortodosse che ho frequentato negli ultimi trent'anni invece sono ancora dotate di cassoni di zinco dove accendere le candele, rigorosamente di cera d'api, separatamente per vivi e defunti. Lo stesso dicasi per i cimiteri.
quando entro in una chiesa d'istinto vadao verso i lumini........ottima
.....un'abitudine per molti e un rispetto postumo per altri ma pur sempre un rito pagano! ottima la scena con perfetta maf sul soggetto principe che rende il luogo meno triste e più colorato!! ciao!
molto interessante , certi aspetti del quotidiano passano ormai inosservati , entrati come uso comune , ma in effetti c'e' una storia dietro vecchia quanto il mondo ,gli Egizi credo avessero gia' questa usanza , non sono certo , devo rivedere ma mi pare che addirittura Erodoto intorno a Babilonia descrivesse questo rituale , splendida idea quella di accoppiare il quotidiano alla storia , ammiro la tua ricerca continua
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